La musica da sempre rappresenta “un mezzo importante” per esprimere le proprie emozioni e per sentirsi connessi con gli altri. In svariati modi, la musica, permette di favorire il benessere psicologico nelle persone, in ogni età. Ecco allora, in questa intervista, alcune delle motivazioni per cui la musica può migliorare il benessere psicologico individuale e di gruppo, migliorando l’umore, riducendo lo stress, l’ansia, la depressione, migliorando di gran lunga la memoria e la concentrazione, distraendo dal dolore fisico e mentale e aiutando a rilassare i muscoli, favorendo il sonno ma non solo, la musica è anche un ottimo modo per esprimere la propria creatività e vivere esperienze uniche, all’insegna del divertimento, del relax da soli o in compagnia. Di tutto questo e molto altro ancora, ne parliamo con la dottoressa Adelia Lucattini, Psichiatra e Psicoanalista Ordinario della Società Psicoanalitica Italiana
Dottoressa Lucattini, che ruolo gioca la musica di qualità nella promozione del benessere psicologico ed emotivo delle persone?
“La musica ha sempre occupato un posto speciale nella vita di ognuno e nelle relazioni interpersonali, da millenni è espressione e parte integrante della cultura umana. È noto che la musica può avere una profonda influenza sullo sviluppo socio-emotivo e sul benessere generale, sia ascoltata per piacere, le musiche e canzoni pop preferite, la musica classica, il jazz, il rock, sia come impegno attivo nel “fare musica” suonando uno strumento, cantando o facendo parte di un’orchestra, una banda, una fanfara o un complesso, una band”.
Secondo lei, in che modo il concetto di band e il fare gruppo possono influenzare positivamente la salute mentale degli individui?
“Ricerche recenti suggeriscono che il cimentarsi personalmente nella musica, modella positivamente l’identità personale e arricchisce culturalmente. Inoltre, svolge anche un ruolo importante nella regolazione dell’umore. Ricerche recenti sulla musicoterapia, hanno rilevato un effetto benefico sul disagio psicofisico correlato allo stress. La musica può essere utilizzata nei trattamenti integrati dei disturbi psicologici anche gravi e anche nelle cure adottate nelle dipendenze patologiche. Oltre al potenziale terapeutico, la musica può veicolare e amplificare l’inclusività, la visione della diversità come ricchezza, integrando nelle band, nei cori e nei gruppi musicali, persone provenienti da etnie, culture e ambienti differenti, migliorando così nei giovani, la comprensione, la tolleranza, la coesione e la collaborazione e apprezzamento reciproco”.
Come può la musica essere utilizzata come strumento terapeutico per esplorare ed elaborare le emozioni più profonde?
“Nel corso di trattamenti psicoanalitici per traumi psicologici e disturbi depressivi, è noto che la musica fornisce un ambiente psichicamente sicuro diminuendo i livelli di ansia e migliorando il funzionamento, con una particolare efficacia negli adolescenti depressi. Inoltre, praticare la musica favorisce lo sviluppo della “resilienza” intesa come la capacità dell’individuo di affrontare le difficoltà della vita con coraggio e perseveranza, mantenendo prospettive positive anche in condizioni difficili. Potremmo dire, il raggiungimento di quella maturità interiore che permette di costruire legami più intimi ed efficaci, l’ampliare la cerchia delle proprie amicizie e dei rapporti sociali, vivendo le relazioni in modo empatico e sentendo verso gli altri una vera e propria “pietas”, la più alta espressione di “compassione” ovvero il vivere emozioni profonde con e per gli altri. La musica non solo riduce il nervosismo e lo stress, ma allevia il dolore mentale”.
Qual è il legame tra la collaborazione all’interno di una band musicale e lo sviluppo di un senso di appartenenza e solidarietà?
“La musica è un catalizzatore di interazioni emotive profonde e intellettualmente vivaci tra i membri delle band giovanili, poiché abbatte barriere, colma vuoti, appiana dissapori, ricompone le divisioni. Numerosi studi dimostrano che migliora il comportamento prosociale, promuove cioè la “connessione sociale” e sviluppare una specifica competenza emotiva necessaria per creare delle buone relazioni. Impegnarsi in attività di produzione musicale, come percussioni, scrittura di canzoni o canti di gruppo, può facilitare lo scarico della tensione emotiva, promuovere la riflessività e creare un senso di appartenenza alla grande comunità degli amanti della musica e dei musicisti in senso lato”.
Quali sono le qualità specifiche della musica?
“La musica ha la qualità innata di avvicinare le persone e promuovere un senso di appartenenza, certamente questo può essere favorito attraverso programmi ad hoc: iniziative musicali, cori e iniziative di educazione musicale a partire dalla scuola dove i giovani vivono gran parte del loro tempo, incontrano coetanei, stringono amicizie e intessono le loro relazioni extrafamiliari. Queste attività possono creare spazi inclusivi in cui persone provenienti da contesti anche molto diversi poiché sul progetto musicale possono “fare gruppo”, incontrarsi, collaborare e costruire relazioni basate su interessi condivisi. Queste esperienze arricchiscono individualmente, sviluppano capacità di apprendimento, distendono emotivamente, entusiasmano, fanno sentire protagonisti, combattono la solitudine, forniscono una rete di supporto e promuovono la coesione sociale, sviluppano la capacità di amare. Tutti questi elementi hanno un impatto positivo sul benessere generale dei giovani musicisti e sono un’arma efficace per la prevenzione primaria rispetto ai disturbi d’ansia e depressivi”.
Cosa pensa delle dichiarazioni di Marco Mengoni sulla fragilità umana e sull’importanza di trovare strumenti per gestirla e di Sangiovanni sulla dignità della sofferenza, di non temere di cadere ma gestire le proprie paure?
“Le persone celebri hanno la possibilità straordinaria di raggiungere milioni di persone e moltissimi giovani. Il messaggio di entrambi i cantanti sottolinea l’importanza di accettare gli aspetti vulnerabili di se stessi come parte integrante della propria esperienza personale, psicologica, emotiva, esistenziale, umana. Se le fragilità non vengono respinte ma abbracciate e comprese, si è portati a lavorare su sé stessi con il proprio psicoanalista, la costruzione libera e autentica di se stessi in analisi, rinforza l’Io e ristruttura il Sé. Il lavoro psicoanalitico rinforza la propria sensazione di esistere e il proprio ruolo nel mondo. La possibilità di fantasticare in seduta, di riflettere ed entrare in contatto profondo con le proprie emozioni, trasforma quelle che sembrano debolezze in punti di forza e promuove il pensare in modo autonomo, emancipato e creativo”.
Secondo lei, qual è il valore di accettare la propria fragilità e condividere esperienze psicoterapeutiche come hanno fatto i due artisti?
“È indispensabile riuscire a adottare un buon approccio nella gestione delle proprie fragilità e difficoltà interiori. Accettare ed esplorare la vulnerabilità può essere il primo passo verso la ricerca di un sostegno psicoanalitico, uno strumento essenziale di benessere e una strada verso la guarigione. In un mondo in cui la pressione a mascherare le proprie incertezze o momentanee difficoltà esistenziali è spesso travolgente, è indispensabile ricordare l’importanza di voler bene e abbracciare se stessi con affetto e comprensione, per crescere, per essere migliori”.
Quali consigli si sente di dare ai giovani che vogliono avvicinarsi al Mondo della Musica?
“La musica è vita. Studiare, comprendere e praticare la musica fa stare bene;
La musica è amicizia. Far parte di una band aiuta a fare nuove amicizie e a dare il senso di appartenenza;
La musica è bellezza. Fa sentire sicuri, espande le emozioni e attiva il pensiero;
La musica è futuro. Attiva nuove prospettive, apre la mente, mostra nuovi orizzonti;
La musica è successo. Chi suona o canta ha un migliore rendimento nello studio e sul lavoro;
La musica è salute. Abbassa lo stress, migliora l’umore, mitiga il dolore.
La musica è saggezza. Ogni band, ogni coro, è un gruppo fisico e interiore che consola, che aiuta, che cura. Chi entra in contatto con se stesso, può intuire il proprio disagio e chiedere un sostegno psicologico e psicoanalitico”.