di Marialuisa Roscino
L’orientamento sportivo per i nostri figli è una scelta importante che può influenzare la loro crescita, il benessere e la socializzazione. Ecco allora in questa intervista alla Dottoressa Adelia Lucattini, Psichiatra e Psicoanalista, Ordinario della Società Psicoanalitica Italiana, alcune indicazioni utili per i genitori su quali possano essere le attività sportive e motorie più adatte da scegliere, anche in base allo specifico target di età
Dott.ssa Lucattini, come lo sport può contribuire alla crescita armoniosa del bambino e al suo benessere psicologico?
La pratica sportiva è fondamentale per una buona crescita dei bambini, infatti, contribuisce al loro sviluppo sia fisico, che psicologico. Innanzitutto, li aiuta a conoscere il proprio corpo e a prendere consapevolezza del movimento in sé, nello spazio e con un attrezzo (racchetta, palla, sci, etc.) oppure, in elementi specifici come l’acqua, l’erba, la neve, il legno, etc., ampliando la sensorialità e sviluppando una sensibilità specifica “al tocco”, diversa a seconda dei contesti, ma ugualmente utile. Inoltre, attraverso la pratica di qualsiasi sport, i bambini sperimentano la propria forza, la resistenza fisica e mentale, l’equilibrio con le sue potenzialità e i propri limiti. Limiti dati dall’ambiente esterno, dalla disciplina sportiva e che provengono dall’interno, da se stessi. Il senso del limite sviluppa la prudenza, la forza e la resistenza, anche mentali, spinge a superarli, ad andare oltre, infine, sviluppa il coraggio e l’intraprendenza.
Come è possibile scegliere lo sport più adatto per i propri figli?
Innanzitutto, bisogna prestare un’attenzione particolare alle loro inclinazioni, ai loro bisogni tenendo presente anche la loro salute fisica, ai loro desideri e al tipo di personalità che hanno. Quando un’attività sportiva è adatta, è vissuta dal bambino con grande piacere e non come un dovere per rendere felici i genitori. All’inizio, è inevitabile una “sperimentazione” di diversi sport, fermo restando alcuni “fondamentali”.
Il primo è il nuoto, per la prevenzione dell’annegamento. Basti pensare che secondo i dati ISTAT di luglio 2024, dal 2003 al 2020, indicano che sono morte per annegamento 6.994 persone, con una media annua di 389 decessi, scesa a 342 negli ultimi otto anni. I bambini sono particolarmente soggetti agli annegamenti, in particolare, i bambini piccoli che stanno annegando, non si agitano e non gridano aiuto. Secondo l’ISTAT, dal 2017 al 2021 ci sono state 206 vittime per annegamento tra i 0-19 anni, con una media di circa 41 decessi annui. Più dell’80% delle vittime sono maschi e il 47% ha meno di 15 anni.
Quali sono gli sport praticati dai bambini in Italia?
Secondo l’indagine sui minori e lo sport (2024), realizzata dall’ Osservatorio con i bambini e Openpolis nell’ambito del Fondo per contrasto della povertà educativa minorile, tra i più piccoli (3-10 anni), il nuoto è uno degli sport più praticati, il primo tra le bambine (48,7% di chi fa sport) e il secondo, tra i bambini (39,4%). A seguire, il calcio (43,7% ). Sono praticati poi, sport come pallacanestro, ginnastica e arti marziali (10% circa). Tra le bambine con meno di 10 anni, sono aumentati gli sport nautici, il rugby e pallamano. Rispetto al passato, i maschi con meno di 10 anni praticano di più soprattutto le arti marziali (+3,9 punti), gli altri sport (+2,6), l’atletica leggera (+1,7) e il calcio (+1,4). Questo non dipende soltanto dalle scelte dei genitori, ma anche dalla disponibilità degli impianti sportivi e dal costo.
Anche nel 2024, è stata finanziata l’iniziativa “Racchette in classe” che prevede tennis, padel, beach tennis, tennistavolo (ping-pong) e il pickleball per avvicinare i bambini a questi sport a partire dall’ambito scolastico.
Quali sono gli altri sport ritenuti formativi nell’infanzia
La ginnastica è adatta sia per le bambine, che per i bambini, sia ritmica che artistica. Come la danza, favorisce lo sviluppo di equilibrio, flessibilità e coordinazione e forza. Naturalmente, con insegnanti formati e preparati che sappiano modulare l’intensità e la difficoltà in base all’età dei loro piccoli allievi.
L’atletica leggera, poiché offre diverse discipline (corsa, salto in alto, salto in lungo, etc.) permette di sperimentare sia gli aspetti individuali che di gruppo, basta pensare alla staffetta.
La scherma sviluppa la reattività, l’elasticità, i riflessi e la coordinazione motoria, inoltre, attiva e rinforza la creatività, poiché richiede di trovare velocemente soluzioni originali all’interno di regole nette e definite. Tirare di scherma è come scrivere in testo in poesia rispettando la ritmica della Divina Commedia, essere creativi all’interno di uno schema preciso, le terzine incatenate (ABA BCB ecc.).
Ad essere favoriti, in quanto ritenuti efficaci, anche gli sport all’aria aperta, sempre adattati all’età dei bambini e con dei maestri, come sci, trekking, passeggiata veloce. E ancora tutti quegli sport, che permettono ai bambini di stare a contatto diretto con ambienti naturali e conoscerli meglio. Mentre giocano, imparando un nuovo sport, sviluppano amore per la natura e apprendono come rispettarla e prendersene cura. Se praticati con i genitori, fratelli e sorelle o amichetti, hanno particolare efficacia nel creare e mantenere il benessere psicologico dei bambini.
E per gli sport di squadra?
Certamente, alcuni sono adottati anche a scuola. Ogni sport, anche individuale, sviluppa un senso di apparenza e un’identità, di cui resta traccia per sempre. Gli sport di squadra lo fanno in modo tecnicamente caratteristico.
Il calcio è molto popolare, divertente e appassionante, soprattutto se i Mister sono attenti ai bisogni dei bambini e se i genitori non forzano i loro figli di mostrare talenti straordinari fin da piccolissimi. Campioni si diventa per predisposizione personale e familiare, a mano a mano che si cresce fisicamente e mentalmente. Più si gioca da piccoli e più si affianca lo sport ad attività artistiche, più si sviluppano qualità utili nella vita. Basti pensare alla campionessa del mondo e olimpica Rossella Fiammingo, schermitrice, diplomata in pianoforte al conservatorio e laureata.
Molti sport di squadra sono ugualmente formativi fin dall’infanzia, il rugby, il basket, la pallavolo, la pallamano, il nuoto sincronizzato, l’hockey, il baseball, la pallanuoto. Tutti favoriscono lo sviluppo della capacità di stare e cooperare in un gruppo, di lottare insieme per un obiettivo all’interno di regole precise di cui il maestro, l’arbitro e i genitori, ne sono i garanti.
Crede possa essere positivo fare sperimentare contemporaneamente diversi sport ai propri figli?
Sarebbe preferibile avvicinarli ad uno sport alla volta, altrimenti i bambini rischiano si confondersi e soprattutto di stancarsi troppo. Col tempo gli sport possono essere affiancati, ma con la scuola che spesso impegna anche il pomeriggio, sarebbe indicato non fare “abbuffate” di attività pomeridiane sottraendo anche il sabato al gioco spontaneo e alla vita familiare. I bambini hanno bisogno di giocare anche liberamente, di andare in giardini attrezzati dove incontrare altri bambini, di correre nei parchi o semplicemente di stare a casa e giocare in tranquillità.
Esistono poi gli sport stagionali, quelli che s’apprendono e praticano d’inverno e quelli più tipicamente estivi. Aiutano a scandire il tempo e le stagioni, creano delle belle consuetudini familiari, fanno affezionare ai luoghi e permettono di fare nuove amicizie che restano nel tempo, come degli appuntamenti stagionali da piccoli che possono consolidarsi e proseguire anche nell’adolescenza quando i figli avranno progressivamente una maggior autonomia dalla famiglia.
Quali sono i segnali che indicano che un bambino sta vivendo difficoltà o non è adatto per uno sport?
Se i bambini si sentono stanchi è bene prima consultare il pediatra, che non vi siano delle ragioni fisiche. Il disagio psicologico che si manifesta verso lo sport è spesso un segnale di un disagio psicologico di altro tipo, personale del bambino in un altro ambito, ad esempio a scuola. Qualche volta, è specchio di difficoltà relazionali in ambito sportivo. Le manifestazioni spesso sono generiche o sono solo dei piccoli indizi, che però è importante cogliere: resistenze ad andare, pianto frequente, litigi con i compagni e impertinenza con i maestri, blocco nell’apprendimento nello sport e a scuola, o un peggioramento nell’andamento.
Non essere adatti per uno sport non è una questione che interessa ai bambini, né che pone loro problemi. Si vedono spesso bambini che non sono assolutamente portati per un’attività e che la praticano con grande piacere, perché hanno un bel rapporto con i compagni o con l’insegnante, e si divertono. Poiché nell’infanzia, “sperimentano”, prima o poi troveranno uno sport per cui sono più portati.
Bisogna prestare molta attenzione però al fatto che una difficoltà sportiva non possa essere espressione di un problema di coordinazione motoria, di una disprassia o indice di depressione. Spesso gli insegnanti sono in grado di rendersi conto e di comunicarlo alla famiglia che può quindi muoversi di conseguenza verso un approfondimento o una diagnosi di altro tipo. Inoltre, questi disturbi si manifestano sempre anche in ambito scolastico, lo sport ne è una conferma.
Come evitare di proiettare le proprie aspettative, se eccessive, sui figli?
Non è semplice ma è possibile. Innanzitutto, bisogna averne consapevolezza, inoltre, avere delle aspettative, non di per sè è una cosa negativa. Se pensiamo che uno dei genitori ha praticato con grande piacere uno sport nell’infanzia e nell’adolescenza, è naturale che desideri che anche i propri figli ne facciano esperienza. Lo spartiacque tra un desiderio naturale e una proiezione inconscia di aspettative personali è la forzatura.
Se uno sport non interessa o il bambino si sente troppo pressato rispetto alle prestazioni, soprattutto quando inizia la fase agonistica, questa è una potenziale indicazione per i genitori di allentare un po’ la presa e riportare lo sport nell’ambito del gioco, del piacere, dell’apprendimento. Ci sarà tempo della preadolescenza e nell’adolescenza per definire meglio le caratteristiche anche agonistiche dei propri figli e se loro desiderano praticare uno sport agonistico, che è sempre un grande sacrificio. Certamente ripaga, ma si è visto, che eccessive pressioni da parte dei genitori o dei maestri durante l’infanzia, possono scoraggiare anziché stimolare verso l’agonismo e talvolta allontanare dallo sport, poiché angoscianti. Senza dubbio, l’agonismo è una buona esperienza se non imposta, resta come bagaglio personale, anche se poi i figli sceglieranno un’altra strada.
Quali consigli si sente di dare ai genitori?
– Scegliere degli sport fondamentali e formativi, soprattutto il nuoto per la prevenzione dell’annegamento;
– Far sì che lo sport sia vissuto dai bambini sempre come un gioco e mai come una rigida imposizione;
– Rispettare i tempi dei propri figli, non tutti sono pronti allo stesso momento di dedicarsi all’attività pre-agonistica o agonistica;
– Non affollare la giornata e la settimana dei bambini con troppe attività, sono già abbastanza affaticati dagli impegni scolastici;
– Confrontarsi con i maestri e gli insegnanti, che possono dare delle utili indicazioni sia sulle inclinazioni dei propri bambini, su eventuali segnali di disagio come resistenza a praticare lo sport, litigi, capricci, calo dell’attenzione, difficoltà nell’apprendimento progressivo, etc.;
– Osservare i bambini e parlare con loro, se si sentono molto stanchi o per troppo tempo, consultare il pediatra;
– Se il bambino ha un disagio emotivo manifesto, insonnia, irrequietezza, tristezza, anche nello sport, chiedere una consulenza ad uno specialista e ad uno psicoanalista infantile che possa dare indicazioni non solo su come affrontare e superare il disagio,
– ma anche sullo sport più adatto da praticare in quel momento.